Da Dino Menozzi, Direttore Responsabile, Giugno 1997.Questo articolo à rìtritto da L’Arte Naive, #58
Il Fascicolo n.1 (Vol.1) è apparso nell’autunno 1987, quindi documenta che la Folk Art Society svolge la propia attività da dieci anni. Gli intenti dell’Istituzione sono quelli della scoperta, studio e documentazione e attraverso la promozione di mostre preservare e valorizzare l’Arte Folk americana e le espressioni contigue. Tramite il propio organo ufficiale la FASA presenta autori che altrimenti rischierebbero di essere dimenticati e le cui opere prodotte con materiali incongrui rischierebbero la distruzione.
Questa importante azione di valorizzazione appare inequivocabilmente dal periodico. La folk art americana può essere considerata in base ad una sommaria ed approssimativa collocazione — effettuata così per una prima esigenza di inquadramento — tra l’area naive e l’espressione singulier/hors-les-normes francese, con qualche sconfinamento nell’espressione outsider.
Il fascicolo n.1 (del Vol. 10) apparso nell’autunno 96 contiene in apertura un messaggio del presidente Ann F. Oppenhimer nel quale riferisce circa l’attività dell’Associazione, in continua espansione. Segue poi uno stimolante intervento di Gerard C. Wertkin, Direttore del Museum of American Folk Art di New York, in occasione del Simposio della FASA che si è tenuto il 18 ottobre 96 al Birmingham Museum of Art. Da segnalare la presenza al Simposio di ben tre direttori di Museo che rappresentano tre diversi punti di vista: un museo di Folk Art specificatamente costituito, un nuovo museo di arte visionaria e un museo di arte in generale che inizia ora a costituire una collezione di Folk Art.
Wertkin dunque (attuale direttore al Folk Art Museum di New York — fondato nel 19651 — succeduto a Robert Bishop) avanza alcune interessanti considerazioni sulle diversificazioni degli allestimenti dei musei stessi: riferisce di una teoria derivata da Marshall McLuhan, che divide i musei in “hot” e “cool” (caldi e freddi) a seconda che forniscono più o meno informazioni. Gli “hot” letteralmente “bombardano” con informazioni i visitatori che vengono considerati alla stregua di recettori passivi.
Inversamente i “cool,” con poche o nulle informazioni costringono i visitatori ad uno sforzo per comprendere, e ciò alla fine è più gratificante. Da Wertkin inoltre apprendiamo che nel suo museo non viene usato il termine “outsider” perché ritiene sia un termine che emargina e offende entrambi i popoli africano ed americano; egli si interroga: “la mia questione è: perché non li chiamamo semplicemente artisti?”
Rebecca A. Hoffberger, fondatrice e presidente dell’AVAM (American Visionary Art Museum di Baltimora) riporta il propio punto di vista e senza voler inscenare una discussione sulla differenza tra outisder e visionary art, motiva la propia scelta sull’uso del termine visionary sostenendo che “l’arte visionaria è un’arte senza una consapevole osservanza di alcuna tradizione e che nasce nell’interiorità dell’autore”. La Hoffberger ricorda inoltre altre istituzioni che salavaguardano e celebrano quasta manifestazione artistica: el museo del subconscio in Brasile che ha già 44 anni di vita; poi la Collection de l’Art Brut di Losanna, la Fabuloserie in Francia e la rivista internazionale Raw Vision.
Da ultimo Rebecca Hoffberger annuncia che con unanime risoluzione del Congresso degli Usa l’AVAM è stato designato “Museo Nazionale ufficiale d’America e centro di cultura per l’arte visionaria”, conferendo così indirettamente une ufficiale consacrazione per i valori dell’arte visionaria.
Gail Treschel, direttore del Museo d’arte di Birmingham, nel riferire che nell’ultimo anno le acquisizioni di opere per la costituenda raccolta di “Folk Art” sono passate da 25 a 175, esprime i criteri di selezione adottati: “noi cerchiamo l’eccellenza artistica e le opere miglioi degli autori; dal momento che siamo un museo d’arte, in generale, credo che questo sia il migliore approccio”. Tra laltro Treschel illustra il proprio punto di vista e si limita a prendere le distanze dai termini di “folk” e “self-taught”, sostenendo che “il termine contemporary art è molto più pulito, molto più facile, molto più corretto”.
Dopo i profili di due musei (Fayette Art Museum, Alabama, e del Milwaukee Art Museum) il fascicolo si conclude con un aggiornatissimo calendario di manifestazioni negli Usa.
Il fascicolo n.2 (Vol. 10), apparso nell’inverno 96-97, provvisto di una nuova veste tipografica, contiene numerosi servizi che suscitano interesse. Da quello su Ted Ludwiczak e le sue sculture in sasso costituite solo da faccie, scolpite seguendo le forme naturali delle pietre, ai “Murali” di Anderson Johnson a Newport News.
Vi è poi un reportage di Ann Oppenhimer sulla Outsider Art Fair che si è tenuta a New York (23-26 gennaio 1997) incentrato particolarmente su cinque outsider, ma numerosi solo gli artisti nominati: M. Nedjar, G. Sendrey, O. Saban, Greg Pelner, L. Holley, Nek Chand. Un accenno anche per le Gallerie più importanti, tra le quali spicca la Phillis Kind (con i suoi outsider non americani Nek Chand, M. Gill, A. Louden, F. Schröder-Sonnestein, S. Wilson, A. Wölfli e Carlo) e alle quotazioni ragguardevoli raggiunte da opere tra le più significative della folk art — arte naive americana: un Morris Hirshfield del 1941 offerto per oltre centomila dollari, mentre molto ammirati sono risultati Grandma Moses e John Kane (Galleries St. Etienne). Il fascicolo n.2 comprende inoltre l’annuncio della constituzione a S.Louis di una nuova organizzazione, denominata “Envision”, avente lo scopo di riunire collezionisti e appassionati e pubblicare notiziari. Dopo une sezione riservata alle recensioni di libri (Crafting Devotions — Immagini religiose del Nuovo Messico) il consueto calendario di mostre conclude l’interessantissimo fascicolo.
Da Dino Menozzi, Direttore Responsabile, Giugno 1997.
Questo articolo à rìtritto da L’Arte Naive, #58, con il permesso del direttore responsabile Dino Menozzi.